15 Gennaio 2021 - In evidenza
La disfida delle ciaspole
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«Siamo arrivati al paradosso che da una parte i nostri governanti ci chiudono gli impianti da sci e, devo dire con ottimi motivi, fanno di tutto per evitare assembramenti sulle piste e nelle località alpine. Sarebbe il momento di godere delle nostre valli e cime in silenzio, con le nostre forze, specie in questo inverno che ci regala uno stupendo manto bianco, degno delle nevicate di mezzo secolo fa. Ma, dall’altra, regolano e limitano lo sci alpinismo e l’utilizzo delle ciaspole (le racchette da neve), che sono le tradizionali pratiche della montagna al naturale per piccoli gruppi di individui comunque distanziati, in modo cieco e demenziale. Stanno avvenendo fatti molto gravi. Si sta ledendo la libertà di andare in montagna con regole e minacce di sanzioni che non hanno alcun senso. In nome della lotta alla pandemia, i nostri amministratori creano precedenti molto pericolosi: danneggiano i diritti fondamentali dell’individuo, oltreché la bellezza dell’alpinismo, fatto essenzialmente d’avventura, scoperta e anche, inevitabilmente, di una certa dose di rischio e di scelte personali». Vincenzo Torti questa volta non la manda davvero a dire. Il mondo degli amanti della montagna è in subbuglio. E il presidente generale del Club Alpino Italiano (Cai) si fa ambasciatore del malcontento diffuso, abbandona le sue tradizionali cautele per prendere una posizione netta.
«Stiamo muovendoci per evitare tutto ciò. Il 14 gennaio inoltre dovrebbe riunirsi la Commissione parlamentare per modificare e integrare la legge 363 sugli sport alpini. Per esempio, c’è sul tavolo la proposta di obbligare qualsiasi ciaspolatore ad avere sempre nello zaino il dispositivo Artva per individuare i sepolti sotto le valanghe, oltre a sonda e pala. Sempre, capito? Anche quando si va nel boschetto con i figli, o con le racchette a fianco della strada di fondovalle», dice al Corriere. «Il risultato sarà scoraggiare i veterani e bloccare i neofiti, che non hanno alcuna voglia di sobbarcarsi tutto quell’equipaggiamento sulle spalle per una passeggiatina. Sono idee che vanno ripensate assieme ai professionisti della montagna. Altro punto in discussione, il divieto di mezzi meccanici sulle piste da sci mentre sono in uso. E allora come la mettiamo con i gatti delle nevi-ambulanza per recuperare gli infortunati?», aggiunge.
Pietra dello scandalo ad innescare la cascata di critiche è stata l’ordinanza 552 promulgata l’11 dicembre del presidente della regione Valle d’Aosta, Erik Lavevaz, che vieta lo sci alpinismo «senza guide o maestri da sci». «Un passo che scatena la rabbia anche di tante guide, compresi alcuni loro rappresentanti di punta valdostani. Il provvedimento è prorogato sino al 15 gennaio. Non so se verrà reiterato. Spero di no. Ma l’importante è denunciarlo con chiarezza. A causa delle chiusure regionali, oltretutto, i più penalizzati sono proprio gli sci-alpinisti locali, che in genere sono ben esperti delle montagne di casa», continua Torti. Una petizione per l’abrogazione dell’ordinanza promossa dalle guide alpine Diego Bertazzo e Roberto Thuegaz ha già raccolto oltre 500 firme in poche ore.
Ma il Cai vorrebbe lanciare una campagna di più ampio respiro sulla limitazione degli impianti da sci in Italia. La sua rivista mensile diretta da Luca Calzolari, Montagne 360, ne scrive ormai da anni. «Abbiamo registrato oltre 315 impianti di risalita abbandonati ad inquinare i paesaggi alpini e dell’Appennino. Praticamente non c’è comprensorio sciistico nel nostro Paese che non sia in perdita e necessiti di sovvenzioni statali. Ciò non significa che si debbano chiudere gli impianti esistenti. Danno lavoro e reddito. Ma, per favore, non se ne costruiscano altri. La pandemia ci ha ricordato quanto è bella la montagna esplorata e scoperta con le nostre gambe. Ne parleremo alla Camera», continua Torti. Il tema sta a cuore anche a Paolo Paci, neodirettore di Meridiani Montagne: «Non a caso il mio primo numero di gennaio lo dedico alla vallata di Cogne, alle pendici del Gran Paradiso. L’economia della zona ha saputo far fruttare le bellezze del Parco: d’inverno attira frotte di sci-alpinisti e ciaspolatori. Ora c’è il progetto di costruire una funivia di collegamento con gli impianti di Pila. Speriamo capiscano che sarebbe cieco e anacronistico».